Ep. 1 / La storia di Nellie Bly

Ci sono persone che rifiutano di seguire la massa. Persone che non amano adattarsi e non accettano i ruoli prestabiliti dalla società. La protagonista della storia di quest’oggi è una donna che ha fatto dell’indipendenza e della libertà il suo marchio di fabbrica. Perché questa è la storia di Nellie Bly, the free American girl.

Benvenuti a tutti, sono Stefano Frau e questo è In cerca di Storie, il podcast che va alla ricerca di storie o personaggi dimenticati o poco conosciuti.

La protagonista di quest’oggi l’ho scoperta per caso. Durante un corso di aggiornamento per giornalisti, mi sono imbattuto nel suo nome: Nellie Bly. Ammetto che non conoscevo la sua storia e, libro dopo libro, ricerca dopo ricerca, sono rimasto letteralmente affascinato dalla sua figura tanto da dedicarle questo episodio.

Prima ancora di ricercare la sua storia, ho deciso di cercare una sua foto. Volevo associare un volto a quel nome. Digitando su Google, la prima foto che viene fuori è in bianco e nero e ritrae una giovane donna. Non guarda in camera, ha i capelli raccolti con un fermaglio e indossa quello che sembrerebbe un tipico vestito dell’età vittoriana. La foto però potrebbe ingannare. Perché vista così sembra una qualunque ragazza di fine ottocento. Invece, leggendo la sua storia, Nellie Bly era fuori dal comune. Ed ora, vi racconterò perché.

Il vero nome di Nellie Bly è Elizabeth Jane Cochran e nasce nella contea di Armstrong, oggi Pittsburgh in Pennsylvania, il 5 maggio 1864, un anno prima della fine della guerra di secessione americana. Della sua infanzia e adolescenza, ci interessano due eventi. Il primo, è il decesso del tanto amato padre, avvenuto quando Elizabeth aveva 6 anni; il secondo, il rapporto difficile con il suo patrigno, un uomo violento e fuori di testa. Due eventi negativi che segneranno la sua vita e il suo rapporto con gli uomini. Perché Elizabeth decide fin da subito una cosa: non dipenderà mai da un uomo.

La morte del padre, infatti, significa la fine della sua infanzia felice e spensierata. Il signor Cochran, al momento della sua morte, non lascia alcun testamento. Il giudice della contea è costretto a vendere i beni di famiglia e dividerne il ricavato tra gli eredi, per assicurare ad ognuno di loro una fetta di eredità. Non vi ho detto una cosa però: il signor Cochran ebbe dieci figli, da due matrimoni diversi. La divisione del patrimonio ebbe conseguenze negative sull’economia della famiglia.

E’ in questo momento difficile, dove la famiglia è costretta a sbarcare il lunario, che emerge la personalità di Elizabeth. Siamo nell’America di fine ottocento, e per una donna di umili condizioni non è facile trovare lavoro. Spesso, le alternative sono due: o l’inferno delle fabbriche, o sposare un uomo. Elizabeth però è convinta delle sue idee e non farà mai come le sue coetanee. Detesta l’idea di doversi sposare per sopravvivere. Al lavoro in fabbrica neanche ci pensa. Ci sarebbero altri lavori, come la segretaria o l’insegnante, ma non riesce nel suo intento. Ecco, allora, quasi per caso, che il primo vero lavoro è quello che non avrebbe mai immaginato: la giornalista.

Grazie alla sua passione per la lettura, in particolar modo per il quotidiano locale “Pittsburgh Dispatch”, che si ritrova catapultata in questo mondo. Elizabeth ama le tematiche sociali ed è un’attenta lettrice degli articoli di Elizabeth Wilkinson Wade, in arte Bessie Bramble, l’unica giornalista donna del “Dispatch”. E’ affascinata dalla sua figura. La Bramble è una donna atipica per quei tempi. Invece di accettare una comoda vita da casalinga con il banchiere Isaac Wade, decide di lavorare: prima insegnante, poi preside, infine gli articoli sul “Dispatch”.

L’approdo al giornale avviene dopo una lettera inviata in risposta ad un articolo dal titolo “La sfera delle donne”.  Nell’articolo, l’opinionista del giornale, senza tanti giri di parole, afferma che l’unica sfera delle donne sia quella domestica. Elizabeth si sente chiamata in causa, perché il tema la riguarda da vicino. In gioco c’è la dignità delle donne, troppo spesso escluse dalla vita sociale e lavorativa. La sua lettera, firmata “Lonely Orphan Girl”, finisce sul tavolo dell’opinionista che la gira al suo direttore. Lo stile, l’arguzia, la capacità di colpire nel segno: entrambi si accorgono che dietro quella lettera si nasconde un talento. E’ proprio il direttore del “Dispatch” ad ingaggiarla e ad assegnarle quel nome con cui noi oggi la conosciamo: Nellie Bly, un nome pulito ed accattivante, preso in prestito dall’omonima canzone di Stephen Foster, cantautore locale di Pittsburgh.

 Il 25 gennaio 1885 esce sul “Dispatch” il suo primo articolo dal titolo Il rompicapo delle ragazze. Al centro, le ragazze dimenticate ed escluse dalla società: povere, discriminate, costrette a vivere in case fatiscenti e svolgere lavori sottopagati ai limiti dell’impossibile. L’esperienza di Nellie Bly al “Dispatch” è un continuo successo. Il suo obbiettivo è chiaro: lei non deve compiacere nessuno. Il suo giornalismo ha il compito di raccontare, smuovere le coscienze e, se possibile, migliorare le condizioni di vita dei protagonisti dei suoi articoli. Si occupa spesso di tematiche sociali e diviene la prima donna a lavorare come giornalista sotto copertura. Il pubblico ama leggere i suoi pezzi e l’aumento delle vendite conferma l’ottimo lavoro svolto dalla Bly. Non tutti però l’amano. I suoi articoli, spesso, creano non pochi malumori tra i finanziatori del giornale. Ricordiamo che Pittsburgh a quel tempo è steel-city, la città dell’acciaio, l’industria pesante la fa da padrona e i proprietari delle fabbriche non ammettono che sul giornale locale vengano messe in mostra tutte le storture di quel sistema malato chiamato progresso industriale. Eccola allora costretta ad un braccio di ferro con il direttore del “Dispatch” che spesso è costretto a relegarla alle pagine di Costume e società.

A Nellie Bly il “Dispatch” sta stretto e decide di cambiare aria spostandosi in una città dove le opportunità non mancano: New York. La Grande Mela rappresenta una meta ambita. New York è una città in espansione, un grande palcoscenico dove mettersi in mostra. Anche i giornali locali sono in fermento. C’è grande competizione, i lettori hanno sete di notizie. Proprio a New York, nel 1883, c’è un ungherese che vuole fare le cose in grande. Rileva un giornale sull’orlo del fallimento, il New York World, e decide di imprimere subito la sua impronta: un giornale diretto, con inchieste, scoop e le tanto famigerate crociate, quelle che oggi definiremmo campagne mediatiche, create per focalizzare l’attenzione su un tema e spingere la comunità ad agire. Questo ungherese si chiama Joseph Pulitzer e farà la storia del giornalismo.

E’ proprio al giornale di Pulitzer che punta la Bly, ma i primi approcci non sortiscono gli effetti sperati. Il giornale, infatti, ha organizzato un viaggio in mongolfiera da St. Louis a New York e sta cercando due reporter per raccontarlo ai suoi lettori. Nellie si candida, ma il direttore di allora è irremovibile: grazie, ma non è un’impresa adatta ad una donna. Ci prova con giornali minori, ma il problema è sempre lo stesso: lei è una donna, il giornalismo è roba da uomini. Ecco allora che decide di dimostrare a tutti quanto vale e si presenta di persona al New York World. Ottiene finalmente la possibilità di lavorare per il giornale di Pulitzer, grazie soprattutto alle sue idee che convincono il direttore di allora. Tra le sue proposte, c’è quella che la renderà celebre nel mondo del giornalismo e non solo: il reportage dal manicomio femminile di Blackwell’s Island.

Blackwell’s Island, oggi conosciuta come Roosevelt Island in nome dell’ex presidente, ospitava dal 1839 un manicomio. La nomea di questa struttura non lasciava presagire nulla di buono. Charles Dickens, nel 1842, durante il suo tour americano, visitò la struttura e rimase sconvolto da quanto visto, tanto da dedicarvi un racconto dettagliato nel suo “American notes”.

Anche in questo caso, incuriosito, ho cercato su internet per avere un’idea della struttura. Ci sono alcune foto e disegni, ma non rendono l’idea dell’inferno che si celava tra le sue mura.

Ancora oggi possiamo leggere il resoconto di Nellie Bly. Per realizzare quest’episodio ed avere una idea di quale fu la sua esperienza nel manicomio, ho letto il libro “Dieci giorni in manicomio”, edito da Edizioni Clandestine. Un resoconto che permette al lettore di immergersi nell’atmosfera nella quale si trovò la Bly.

Da questo lavoro sotto copertura, emergono alcune caratteristiche che rendono Nellie Bly una reporter di assoluto livello: la sua capacità di mantenere il sangue freddo, la sua lucidità nei momenti più difficili e l’abilità innata nel calarsi nella parte. Sembra quasi di avere di fronte un’attrice, una donna camaleontica in grado di trasformarsi e adattarsi alle circostanze.

Per avere un’idea chiara, vorrei raccontarvi le due fasi che hanno segnato quest’avventura a Blackwell’s Island. La prima fase, è quella della preparazione all’internamento. Il progetto prevedeva che Nellie Bly passasse 10 giorni in manicomio. Il decimo giorno, un collega del New York World, l’avrebbe tirata fuori. Semplice a dirsi, perché Nellie, che per l’occasione assunse il nome di Nellie Brown, doveva dapprima convincere di essere realmente pazza e poi essere rinchiusa. In questa prima fase, leggendo il suo resoconto, possiamo apprezzare tutte le sue abilità da attrice. Nel pensionato di carità per donne lavoratrici dove ha chiesto ospitalità, mette in scena il suo repertorio: si mette in disparte, dice di avere paura delle altre ragazze perché sicuramente sono pazze o perfino assassine. Fissa un punto indefinito nello spazio, spalanca gli occhi e non sbatte mai le palpebre. La sua compagna di stanza è così terrorizzata da questa Nellie Brown che non vuole dormire con lei. Il ruolo di pazza svitata le riesce bene e Nellie convince la responsabile della struttura e le altre ragazze presenti che lei è davvero pazza e necessita l’internamento.

Non è così facile però. Perché se il primo step è stato superato, ora tocca superare gli interrogatori e i controlli medici. Portata via da due agenti ed accompagnata dalla responsabile del pensionato alla corte di Essex, mette in scena un’altra magistrale interpretazione: durante l’interrogatorio, decide di cambiare ancora una volta nome. Ora si chiama Nellie Moreno e viene da Cuba. Non ricorda quasi nulla della sua esistenza, solo che ha perso il suo bagaglio e non riesce a trovarlo. La scena è alquanto singolare ma convincente, anche se Nellie rischia di essere scoperta quando l’incaricato della corte decide di chiamare i giornalisti pensando così che, una volta pubblicato un suo ritratto sul giornale, qualcuno potesse riconoscerla e portarla via. Nellie viene spedita al Bellevue hospital. Qui, in uno stanzone freddo con indosso uno scialle mangiato dalle tarme, attende la visita che deciderà il suo internamento. Le domande dei dottori per scoprire se davvero è pazza sono alquanto singolari: vedi volti impressi sulle pareti? Senti delle voci? Hai un fidanzato o un marito? Una risposta negativa a tutte e tre le domande e la diagnosi è confermata: demenza, senza alcuna speranza.

Ora passiamo alla seconda fase, l’internamento vero e proprio e cosa vive Nellie Bly per dieci giorni tra quelle mura. Quando entra in manicomio, nel 1887, trova le stesse condizioni che sconvolsero Dickens.

Le condizioni igieniche sono pessime. Le ragazze subiscono ripetuti abusi e violenze da parte delle infermiere. Picchiate, insultate, alcune incatenate, prive di abiti adatti per difendersi dal freddo della struttura, costrette per ore a restare sedute ed in silenzio. Le povere internate, ben 1600 in tutta la struttura, scontano ogni giorno quella pena infernale. Il cibo scarseggia e quel poco offerto è spesso disgustoso ed ammuffito. Le infermiere o i dottori, che invece ricevono cibo di alta qualità, sbeffeggiano le pazienti. E’ Nellie a raccontarci tutto e dirci che spesso la maggior parte di quelle ragazze non sono affatto pazze. Alcune donne sono state rinchiuse lì solo per colpa di un padrone di casa, un medico incapace o un marito stanco. Alcune, solo perché straniere ed incapaci di comunicare. Nellie prova a ribellarsi e chiedere condizioni migliori a medici e infermieri. Le sue proteste però rimangono inascoltate.

I dieci giorni passano e finalmente, come concordato con il direttore del World, il 4 ottobre 1887, Nellie esce, pronta a mettere nero su bianco quanto visto in quell’inferno. La prima puntata dell’inchiesta esce il 9 ottobre. Il giornale va a ruba. Lo scandalo investe tutti. Dal pensionato per donne lavoratrici al manicomio. Il gran Giurì decide di vederci chiaro e dà il La a una serie di interrogatori ed ispezioni a sorpresa. Purtroppo però, come c’era da aspettarsi, infermieri e medici negano quanto scritto da Nellie. Anche durante le ispezioni, lo scenario che si mostra agli occhi degli ispettori è completamente diverso. Le internate non indossano più abiti sudici e sporchi. Il cibo non è ammuffito. Le infermiere non si dilettano a picchiare o rovesciare secchiate di acqua gelida sulle pazienti. Nonostante questo, l’opinione pubblica è sconvolta a tal punto che il governo decide di stanziare ben 1 milione di dollari per migliorare le condizioni di vita delle malate. Per Nellie è un successo. Il suo lavoro sotto copertura ha dato i suoi frutti: non solo i colleghi giornalisti la ammirano e rispettano, ma le condizioni di vita di quelle pazienti sono migliorate grazie alla sua inchiesta.

La nostra protagonista è una firma di punta del World. Per lei però non è abbastanza. Le inchieste sotto copertura sono il suo pezzo forte, ma la Bly è una donna che sogna l’avventura. Eccola allora proporre un’altra idea folle al suo direttore.

Per capire da dove nasce la sua idea, dobbiamo tornare indietro al 1873, quando Jules Verne pubblicò la sua opera più celebre: Il giro del mondo in 80 giorni. La storia del londinese Phileas Fogg e del suo cameriere francese Passepartout è un cult. Nellie decide di sfidare proprio il personaggio di Verne sullo stesso campo: il giro del mondo. Propone al World, nell’autunno del 1888, un viaggio del mondo da compiere in meno di 80 giorni. Non è la prima volta che Nellie si cimenta in un viaggio. Ai tempi del “Dispatch”, insieme a sua madre, viaggiò per il Messico, raccontando quel paese tanto vicino ma poco conosciuto ai lettori di Pittsburgh. Un viaggio, quello, che finì in modo rocambolesco con la Bly e sua madre costrette a fuggire dal Paese per via di alcune dichiarazioni sulla poca libertà di parola che vigeva in Messico.

In questo giro del mondo, la Bly vuole viaggiare sola. Prepara i bagagli, il passaporto, duecento sterline e qualche dollaro. La mattina del 14 novembre 1889 il piroscafo Augusta Victoria salpa da New York direzione Londra. E su quel piroscafo, spinta dalla voglia di sovvertire le regole e stupire, c’è Nellie Bly.

Nonostante il mal di mare e qualche preoccupazione, Nellie approda in Inghilterra. Da lì si sposta in treno per raggiungere la manica e in nave per arrivare in Francia. Alla stazione di Amiens l’aspettano il corrispondente da Parigi del World e una coppia di anziani signori: sono i coniugi Verne. Nellie ha la possibilità di conoscere l’inventore di quel personaggio che l’ha spinta in questa impresa.

Dopo aver conosciuto il creatore di Phileas Fogg, eccola approdare a Brindisi, Port Said, Suez, Colombo, Singapore, Hong Kong, Yokohama, San Francisco e finalmente New York. Il viaggio è una vera avventura e non mancano i colpi di scena. Deve subire la concorrenza del giornale Cosmopolitan che ha deciso di assegnare alla sua giornalista Elizabeth Bisland lo stesso compito: il giro del mondo, in direzione opposta però. Impiegando meno tempo di Nellie Bly. Una sfida però che Nellie riesce a vincere, anzi stravincere. Infatti, grazie al piroscafo Oceanic, all’avanguardia per quei tempi, riesce a raggiungere San Francisco il 21 gennaio del 1890. L’accoglienza è quella degna di una celebrità. Il pubblico l’acclama. I festeggiamenti e le celebrazioni non si fermano. Il suo arrivo a New York è trionfante: ha compiuto il giro del mondo in 72 giorni. Elizabeth Bisland approderà a New York solo cinque giorni dopo. Nellie è nella storia.

Giornalista, viaggiatrice, scrittrice. Tutto qui? Neanche per sogno. Leggere la storia di Nellie Bly, vuol dire scoprire la vita di una donna che non era mai sazia di quanto fatto, sempre pronta a sperimentare e stupire. E’ qui che si cala in un’altra parte: quella della manager aziendale.

In questo nuovo ruolo, Nellie ha cambiato nuovamente nome. Adesso tutti la conoscono come Mrs Seaman per via del matrimonio con il ricco industriale dell’acciaio Robert Seaman. Un matrimonio, va detto, che desta molto scalpore, soprattutto per la differenza di età fra i due: ben 40 anni. Lei, che tanto rifiutava l’idea di dipendere da un uomo, ora è la moglie di un milionario newyorchese. Critiche nemmeno tanto velate l’accusano di essere convolata a nozze per puro interesse economico. Tra i due il rapporto non è dei migliori: la differenza di età, lo spirito combattivo di Nellie, la gelosia del signor Seaman, rendono la convivenza alquanto difficile.

Appianate le divergenze coniugali, Nellie Bly vuole aiutare suo marito. Posata la penna da scrittrice, diviene nel 1899 la manager dell’Iron Clad Manufacturing e della consociata American Steel Barrel. In questo ruolo segna un primato. Donne a capo di una industria da 1500 dipendenti non ce ne sono. Per lei e per le donne del tempo, è un altro motivo d’orgoglio. Se ho deciso di raccontarvi anche questa fase della sua vita è soprattutto per la sua lungimiranza e le idee rivoluzionarie che applica al mondo della fabbrica. Decide di riorganizzare gli spazi e la produzione, investendo sul lato sociale. Si occupa del marketing, diversificando i prodotti dell’azienda: non solo lattine e contenitori in acciaio per il trasporto del latte, ma anche caldaie, scaldabagni, lavelli e serbatoi. Introduce lo stipendio fisso settimanale al posto del lavoro a cottimo. Nelle fabbriche, fa installare docce con tanto di asciugamani e saponi. Sale bowling, una biblioteca, tavoli da biliardo e un pianoforte. Non solo, un pronto soccorso per i dipendenti e un ristorante con tanto di chef giapponese per i dirigenti. Siamo solo agli inizi del Novecento, eppure sembra di leggere l’idea di organizzazione dello spazio lavorativo tipica di una azienda della Silicon Valley. Per fare un paragone italiano, ricorda un po’ le idee innovative introdotte da Adriano Olivetti in Italia, ispirato proprio da quanto visto negli Stati Uniti d’America. Su questo però, voglio dedicare un episodio a parte.

L’avventura di Nellie Bly come manager, non finisce bene. Per colpa di alcuni suoi collaboratori, che utilizzano i fondi dell’azienda per fini personali, l’Iron Clad si ritrova sull’orlo del fallimento. Banche, avvocati, giudici: tutti contro la Bly. Tra feste e yacht, un suo collaboratore, Edward Gilman, sottrasse un milione di dollari. I creditori la perseguitano. E’ singolare pensare come un uomo, ancora una volta, sia la causa dei suoi guai. Il tanto amato padre, l’odiato patrigno ed ora il fidato collaboratore.   

L’ultima fase della vita di Nellie Bly racchiude un’altra avventura, non meno importante delle altre finora raccontate. Nellie torna a scrivere, questa volta per il “Journal” di Hearst, e non abbandona il suo ruolo di manager. Proprio a causa del dissesto finanziario della sua azienda, il primo agosto del 1914, decide di partire per l’Europa. A Vienna ha un incontro con un ricco industriale locale per convincerlo ad investire nella American Steel Barrel.

1914, non proprio un anno qualunque visto che quattro giorni prima del suo imbarco, l’Austria ha dichiarato guerra alla Serbia dando inizio alla Prima Guerra Mondiale. Quando giunge in Francia, l’Europa è nel caos. La guerra, seppure all’inizio, potrebbe spaventare chiunque, ma non lei che decide di farsi mandare come corrispondente del “Journal” dal fronte orientale. Il suo editore è d’accordo, perché la stampa americana non si occupa molto del conflitto. Anche qui un altro primato: è la prima donna e una dei primi corrispondenti stranieri a raccontare gli eventi dal fronte orientale.

Nellie si ritrova così in prima linea, a raccontare gli orrori della guerra. Viene anche arrestata, in quanto i soldati austriaci, sentendola parlare inglese, non capiscono che invece è americana. Per fortuna è la sua fama a tirarla fuori dai guai, perché anche oltre oceano Nellie Bly è una star. Anche in guerra decide di applicare la sua idea di giornalismo. Per lei, come abbiamo visto, scrivere vuol dire cambiare la vita delle persone. Sfruttando la sua popolarità, decide di dare il via ad un progetto ambizioso: raccogliere fondi per gli orfani e le vedove di guerra dell’Impero austriaco. Nel marzo 1915 partecipa alle attività della Fondazione benefica. Con alcuni telegrammi inviati al “Journal”, invita i lettori a donare 25 centesimi da convertire in cibo per aiutare la sua causa. Uno sforzo, teso a tirar fuori il lato umano anche in un momento così tragico per l’umanità. Per Nellie, l’avventura in guerra non può continuare però. Nel 1917, infatti, l’America è entrata nel conflitto ed ora lei si ritrova ad essere una nemica dell’Austria. Non solo. Il ricco industriale austriaco che l’aveva aiutata investendo nella sua azienda è anch’egli nemico dell’America. Il suo pacchetto azionario viene confiscato dal governo americano. A questi guai, si aggiunge il desiderio di sua madre e suo fratello di mettere le mani sull’azienda. Nellie così, si ritrova a combattere, questa volta contro la sua famiglia.

Il 27 gennaio 1922, Nellie Bly muore al St. Mark’s Hospital di polmonite. Aveva 57 anni. Le sue spoglie, riposano al Woodlawn Cemetery nel Bronx, a New York. La figura di Nellie Bly e la sua storia, hanno ispirato film, libri, spettacoli teatrali, giochi da tavolo e perfino un parco divertimenti. A noi, resta l’esempio di una donna che ha fatto dell’indipendenza e della libertà il suo marchio di fabbrica.

Siamo giunti al termine di questo episodio, vi ringrazio per l’ascolto. Se volete approfondire la storia di Nellie Bly, vi consiglio il libro di Nicola Attadio: “Dove nasce il vento. Vita di Nellie Bly”. Libro che ho letto e da cui ho preso ispirazione per quest’episodio. Se vi è piaciuta questa storia, vi invito a condividere il podcast, a lasciare un commento o una recensione. Iscrivetevi al canale per non perdere i nuovi episodi. Vi ricordo che “In cerca di storie” è anche su Instagram e Twitter. Vi ringrazio per l’attenzione e vi do appuntamento al prossimo episodio. Ciao!

Libri citati in questo episodio

  • “Dove nasce il vento. Vita di Nellie Bly, a free American girl” di Nicola Attadio. Giunti Editore
  • “Dieci giorni in manicomio” di Nellie Bly. Edizioni clandestine

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