Il pubblico è immobile con lo sguardo all’insù. Adulti, bambini, uomini, donne, tutti sono stregati dalle acrobazie di quell’aereo. È domenica. Siamo a Long Islands a New York. È il 3 settembre 1922, ed uno spettacolo così non si era mai visto; un pilota così non si era mai visto. Perché a pilotare quell’aereo, un Curtiss JN-4D Jenny, c’è lei: “Brave Bessie”, “Bessie la coraggiosa”, la prima donna pilota afroamericana e la prima di origine nativa americana. Questa è la storia di Bessie Coleman, la donna che volò più in alto dei pregiudizi.
Benvenuti a tutti, sono Stefano Frau e questo è In cerca di Storie, il podcast che va alla ricerca di storie o personaggi dimenticati o poco conosciuti.
Se uno sceneggiatore avesse bisogno di una storia perfetta da portare al cinema, sceglierebbe di sicuro quella di Bessie Coleman. Una donna, nera, emarginata, che fa a pugni con la società retrograda del suo tempo. Una donna determinata e coraggiosa che è disposta a tutto per inseguire il suo sogno. E che sogno. Volare. Essere la prima donna afroamericana a pilotare un aereo. Per apprezzare ancora di più la sua impresa, dobbiamo tornare indietro di molti anni, alla fine del XIX secolo, ad Atlanta, una piccola cittadina del Texas.
È il 26 gennaio 1892 quando Susan Coleman mette al mondo Bessie. Siamo in Texas e da neanche 30 anni, gli Stati Uniti d’America hanno ufficialmente abolito la schiavitù. Almeno sulla carta, perché nel mondo reale sono sempre gli afroamericani a svolgere i lavori più duri. E nonostante il tredicesimo emendamento, la disparità tra bianchi e neri resta e si radica, specialmente in uno stato conservatore come il Texas. La famiglia di Bessie, come accadeva spesso in quegli anni, è numerosa. I coniugi Coleman hanno ben 13 figli. George è un mezzadro di origine mista nativa americana e afroamericana; Susan è una cameriera afroamericana. Tempi difficili, soprattutto se sei di colore e vivi in uno stato che fa della segregazione razziale uno dei suoi cardini. Ed è così che papà George, stanco dei soprusi e delle violenze, nel 1901 decide di andare in Oklahoma. La moglie Susan però non lo segue. Bessie resta con sua madre in Texas.
Per vivere, sopravvivere meglio, Bessie raccoglie il cotone e nel tempo libero lava il bucato per guadagnare qualche soldo extra. Sente un istinto irrefrenabile di elevarsi. Sa che il primo passo è l’istruzione. Mette così da parte un po’ di soldi e quando compie 18 anni si iscrive alla “Colored Agricultural and Normal University” a Langston, in Oklahoma. Il college però costa troppo e dopo un semestre è a corto di soldi e costretta a lasciare. Decide allora di spostarsi a Chicago dove vivono i suoi fratelli. Frequenta la Burnham School of Beauty Culture e nel 1915 inizia a lavorare presso un barbiere del posto facendo la manicure.
I suoi fratelli nel frattempo sono stati chiamati alle armi. La prima guerra mondiale dilaga e i fratelli di Bessie vengono mandati in Francia. Lei non lo sa, ma quell’evento cambierà per sempre la sua vita. Infatti, una volta tornati in patria, i suoi fratelli hanno mille storie da raccontare. È il 1919 quando un bel giorno suo fratello John, un po’ alterato dall’alcool, inizia a prenderla in giro. Le dice che in Francia le donne sono libere, talmente libere che possono perfino pilotare un aereo. Ma soprattutto le dice che una donna afroamericana non potrà mai pilotare un aereo.
Ho immaginato la scena come quella del film “Ritorno al futuro”, dove Marty McFly dice: “Nessuno può chiamarmi fifone”. Bessie la prende come un sfida. Nessuno può dirle che una donna afroamericana non diventerà mai un pilota. Suo fratello John su una cosa ha ragione però: negli Stati Uniti, lei, una donna, nera, non verrà mai accettata in nessuna scuola di aviazione.
Bessie lo scopre sulla sua pelle dopo aver ricevuto una sfilza di no dalle scuole statunitensi. Ma una sfida è una sfida e non ci si può arrendere al primo ostacolo. Ecco che in suo aiuto arriva Robert Abbott. Robert è un uomo di colore. Occorre precisarlo perché siamo sempre negli anni Venti e il colore della pelle, purtroppo, può segnare il tuo destino. Fa l’avvocato ma è noto in tutto il paese perché nel 1905 ha fondato con appena 25 cents il “The Chicago defender”, un giornale che di lì a breve diviene il primo quotidiano per numero di tiratura nel paese posseduto da gente di colore. Abbott, insieme al banchiere Jesse Binga, l’aiutano sul piano economico. Bessie nel frattempo cambia lavoro per racimolare più soldi possibili e nel tempo libero studia il francese. Il 20 novembre 1920 arriva il gran giorno. A bordo del SS Imperator salpa in direzione Europa. È stata accettata, infatti, dalla scuola di aviazione francese “Caudron Brothers School of Aviation” di Le Crotoy.
In Francia, segue questo corso di sette mesi per imparare a pilotare un Nieuport Type 82: un biplano lungo 8 metri con un’apertura alare di 12. Aveva una cabina di pilotaggio per l’istruttore e una per lo studente. Seppur all’avanguardia per quei tempi, era pur sempre un aereo rudimentale con molti limiti. Senza freni e cloche, non era facile pilotarlo. Pensiamo che le lezioni non prevedevano solo imparare a volare, ma anche effettuare acrobazie e manovre rischiose in aria. La stessa Bessie assiste alla morte di un suo compagno di corso durante una lezione. Per fortuna, riesce incolume a concludere il corso e il 15 giugno 1921 riceve la licenza di pilota internazionale dalla Fédération Aéronautique Internationale. La sua specializzazione è volo acrobatico e paracadutismo. È la prima donna americana ad ottenere questa licenza.
Una volta tornata negli States inizia la seconda parte della sfida. Sì, perché il suo sogno non era ottenere solo la licenza. Lei vuole volare, vuole un aereo tutto suo ed aprire una scuola di volo. Ma siamo negli anni Venti, la segregazione razziale è troppo radicata, e Bessie deve tornare con i piedi per terra. Il sesso e il colore della pelle le impediscono di ottenere una licenza commerciale. L’unica possibilità è il volo acrobatico. Le sue peripezie in volo in Francia sono note in tutta Europa e anche negli Stati Uniti. Giornali e cinegiornali hanno immortalato le sue acrobazie. Per poter comprare un aereo ha bisogno di soldi. Tanti soldi. Decide di tenere corsi ed eventi in giro per il paese dove mostra le sue abilità e i suoi trucchi. Non fa mancare il suo impegno nella lotta contro la segregazione razziale. È categorica nella scelta della città dove esibirsi: se la città è stata teatro di episodi di razzismo, lei non ci metterà piede. Ad ogni incontro sprona la comunità afroamericana ad interessarsi al mondo dell’aviazione. Raccoglie perfino fondi per fondare una scuola dove addestrare piloti di colore.
Il 3 settembre 1922 è un’altra data storica. Come raccontato all’inizio dell’episodio, Bessie a bordo di un Curtiss JN-4D diviene la prima donna afroamericana ad organizzare un volo pubblico negli Stati Uniti. La sua popolarità esplode. Non è solo “Bessie la coraggiosa”, come ormai tutti la chiamano, ma anche “Bessie the queen”, la regina dei cieli. I suoi voli acrobatici lasciano tutti senza fiato. Con l’aereo è in grado di compiere il giro della morte, di disegnare il numero 8 nel cielo e quando si stanca lasciare il comando al co-pilota e perché no farsi una passeggiata sulle ali prima di lanciarsi con il paracadute. Bessie, la ragazza nera che raccoglieva il cotone per sopravvivere, ha finalmente realizzato il suo sogno e lasciato il suo nome impresso nella storia.
L’industria cinematografica la nota subito. In fondo, la sua storia come detto è perfetta per una sceneggiatura. Le viene proposto un film sulla sua vita. Sarà lei a interpretare se stessa. Tutto bello, anzi no. Bessie viene a sapere come è stato ideato l’inizio del film. C’è una bambina nera vestita di stracci. Lei non ci sta. Rifiuta la parte e alla rivista Billboard dichiara: “Niente roba da zio Tom per me”.
Personalità e impegno civile. Bessie continua i suoi show in giro per il paese e finalmente mette da parte i soldi necessari per comprare un aereo. Un altro Curtiss JN-4D, meglio conosciuto con il nome di “Jenny”, con un motore OX-5. Un aereo costruito originariamente per gli addestramenti. Sul sito del National Air and Space Museum trovate le foto di questo aereo (clicca qui). A vederle un po’ mettono i brividi. Perché abituati alle cabine di comando moderne computerizzate e piene di comandi e pulsanti, si resta senza parole nel vederne una cabina così rudimentale: completamente in legno, risaltano una leva, un altimetro e una bussola. E pensare che questo bastava per pilotare un aereo durante uno spettacolo o in situazioni più pericolose come i duelli aerei in guerra.
Ma torniamo alla nostra storia. Bessie deve andare a ritirarlo a Santa Monica in California. È il febbraio del 1923 e mentre si trova in California per ritirare il suo aereo, decide di esibirsi in uno spettacolo non lontano da Los Angeles. Mentre è in volo verso la fiera il motore del suo aereo smette improvvisamente di funzionare. In picchiata, Bessie si lancia da circa 90 metri. Per fortuna non muore ma quell’incidente le costa una frattura alla gamba, qualche costola e l’aereo completamente distrutto. Nonostante lo spavento, non si perde d’animo e chiede al dottore intervenuto sul posto di curarla il più velocemente possibile per poter tornare a volare. Trova il tempo di inviare un telegramma ai suoi fan rassicurandoli che presto sarebbe tornata. In realtà il suo ottimismo deve fare i conti con la gravità dell’incidente. Impiega mesi per tornare a camminare e circa due anni per rivederla in cabina di pilotaggio.
Il suo impegno civile continua più forte che mai. Si racconta che quando le fu chiesto di partecipare ad una esibizione nella sua città natale in Texas, abbia espresso chiaramente il suo rifiuto alla decisione dei manager di creare due ingressi separati allo stadio per bianchi e neri. Bessie ottenne dai manager che ci fosse un solo ingresso per tutti. Anche se all’interno dello stadio gli spettatori dovevano sedersi in posti separati a seconda del colore della pelle, era comunque un successo.
Nell’aprile del 1926 ha raccolto abbastanza soldi per comprare un altro aereo. Stesso modello di quello distrutto in California. Ha uno spettacolo in programma per il 1 maggio. Il 30 aprile a Jacksonville, in Florida, decide con il meccanico William Wills di fare un giro di prova. Wills in cabina di regia e Bessie sul sedile del passeggero. È una mattinata tranquilla. Il tempo è buono e i due colgono l’occasione al volo per vedere fino a che punto può arrivare quell’aereo. Wills fa volare l’aereo per circa 5 minuti a 2000 piedi. Poi sale a 3500. Poi… Poi qualcosa va storto. L’aereo perde quota improvvisamente e si capovolge. Bessie non indossa la cintura e l’aereo non ha alcun tetto o protezione. Viene sbalzata fuori ad una altezza di 500 piedi, circa 150 metri. Questa volta non c’è nulla da fare. Muore sul colpo. Wills precipita con l’aereo e muore anche lui. Un soccorritore maldestro intervenuto sulla scena per liberare il corpo di Wills incastrato sotto l’aereo si accende una sigaretta e fa scoppiare un incendio. Le fiamme avvolgono l’aereo. A causare l’incidente una chiave inglese incastrata nel motore. Bessie Coleman aveva solo 34 anni.
I pregiudizi razziali non si sciolgono neanche di fronte alla morte. La stampa nazionale dà risalto alla morte di Wills perché bianco. Coleman viene quasi ignorata. Solo i giornali vicini alla comunità afroamericana la ricordano. Alla sua cerimonia funebre a Chicago partecipano circa 10.000 persone. A guidare il corteo la giornalista e attivista afroamericana Ida Wells.
Diversi gli eventi per ricordare la sua figura. Nel 1931, la Challenger Pilots’ Association di Chicago diede inizio a una tradizione di sorvolo sulla tomba di Coleman ogni anno. Nel 1977, le donne pilota afroamericane formarono il Bessie Coleman Aviators Club. Nel 1995 fu anche realizzato un francobollo per ricordare tutti i suoi successi. Diverse strade in prossimità degli aeroporti portano il suo nome.
Nel 1992 Mae Jemison, la prima donna afroamericana ad andare nello spazio, portò con se in orbita una foto proprio di Bessie Coleman. Un tributo per non dimenticare colei che volò più in alto dei suoi sogni.
Siamo giunti al termine della nostra storia. Vi ringrazio per l’ascolto. Sul sito www.incercadistorie.com trovate la trascrizione dell’episodio e le fonti consultate. Sulla figura di Bessie Coleman c’è il libro “Queen Bess: Daredevil Aviator” di Doris Rich. Ci sono un sacco di aneddoti sulla sua vita.
Se poi siete curiosi e volete vedere com’era la licenza di pilota di Bessie o i suoi aerei, vi invito ad andare sulla pagina Instagram di In cerca di storie dove troverete nelle stories tutte le foto.
Se vi è piaciuta questa storia, vi invito a condividere il podcast, a lasciare un commento o una recensione. Iscrivetevi al canale per non perdere i nuovi episodi. In cerca di storie è sulle maggiori piattaforme di podcast. Vi ringrazio per l’attenzione e vi do appuntamento al prossimo episodio. Ciao!
Fonti per questo podcast
– “Overlooked No More: Bessie Coleman, Pioneering African-American Aviatrix” di Daniel E. Slotnik – New York Times
– “Bessie Coleman” – Britannica
– “Bessie Coleman” di Kerri Lee Alexander, NWHM Fellow – National Women’s History Museum
– “Queen Bess: Daredevil Aviator” di Doris L. Rich – Smithsonian Books
– “Celebrating the Centennial of Bessie Coleman as the First Licensed African American Woman Pilot” di Dorothy Cochrane – National Air and Space Museum