Si può fermare il tempo? Per un po’ o magari per sempre, lasciando tutto così com’è. Impossibile direte, a meno che non ti chiami Dorian Gray ed hai un quadro che invecchia al posto tuo. In realtà, nella storia di quest’oggi, il tempo in qualche modo si è fermato. Non per sempre certo. Giusto qualche secolo. Abbastanza perché qualcuno sbloccasse l’orologio per riavvolgere la storia. Perché questa è la storia della scoperta della nave sepolta di Sutton Hoo.
Benvenuti a tutti, sono Stefano Frau e questo è In cerca di Storie, il podcast che va alla ricerca di storie o personaggi dimenticati o poco conosciuti.
Nella storia di quest’oggi, è il caso di dirlo, dobbiamo scavare nel passato. Riportare alla luce, così come fanno gli archeologi, una storia affascinante dove si alternano personaggi con destini alterni. Iniziamo subito riportando l’orologio della storia a molti secoli fa. Più o meno 1400 anni. E posiamo la nostra lente sull’Inghilterra.
Siamo a Sutton Hoo, nel Suffolk, contea dell’Inghilterra orientale. Un gruppo di uomini ha disposto alcuni tronchi sul terreno per poter trascinare sulla terra ferma, aiutandosi con delle corde, una grande nave dal vicino fiume Deben. E’ una nave lunga circa 28 metri, grande abbastanza per ospitare fino a 20 vogatori su ciascun lato. Ma perché stanno portando quella nave su per le colline? Immaginiamoci la scena. Un gruppo di uomini che a fatica trascina la nave. Aggiungiamoci una giornata piovosa, del resto lo abbiamo detto siamo nell’Inghilterra orientale. E perché no, anche un terreno fangoso. Non c’è dubbio. Un’impresa così faticosa cela un motivo importante. Ma perché svelare tutto ora? In fondo siamo solo all’inizio. Lasciamo allora questi uomini portare a termine la loro impresa. Facciamo un altro viaggio nel tempo. Stesso luogo, ma qualche secolo più in là.
Siamo nel 1926 e Edith con suo marito Frank decidono di trasferirsi nel Suffolk e comprare la tenuta di Sutton Hoo. Edith ha un interesse per l’archeologia e la storia che si porta dietro da quando era una ragazzina. I viaggi insieme alla sua famiglia in India ed Egitto hanno acceso la sua curiosità per le scoperte archeologiche. E’ una donna che ama viaggiare ed essere protagonista della Storia. Durante la prima guerra mondiale si offre come volontaria in un ospedale della Croce Rossa in Francia. Conosce il maggiore Frank Pretty e decidono di sposarsi nel 1926, lo stesso anno in cui si trasferiscono nel Suffolk. La tenuta è il posto perfetto per vivere sereni e dar sfogo alle proprie passioni. Nel 1930 hanno anche un bambino: Robert. Tutto sembra girare al meglio finché nel 1934, all’età di 56 anni, Frank muore improvvisamente.
Edith, nonostante la grave perdita, non abbandona la sua passione per la storia. In fondo, proprio la tenuta di Sutton Hoo ha qualcosa che attira la sua attenzione. Ci sono infatti degli strani tumuli sul terreno. Grandi e piccoli tumuli che non passano inosservati. Edith è anche interessata allo spiritismo e conosce bene le leggende locali. Forse risalgono ai vichinghi. Girano voci, abbastanza discusse, su alcuni spettri visti aggirarsi tra quei tumuli. L’unico modo per fugare ogni dubbio è scavare. Dunque nel 1937 la curiosità di Edith la spinge a chiedere aiuto all’Ipswich Museum. Crede (o sente) che sotto quei tumuli ci sia qualcosa. Il museo, allora, decide di affidare il caso ad un suo archeologo: Basil Brown.
Ecco entrare in scena il secondo personaggio della nostra storia. Basil è un archeologo atipico. Viene dal Suffolk e conosce molto bene quei terreni. Suo padre era un contadino e il piccolo Basil, abbandonata la scuola a 12 anni, decide di aiutarlo nei lavori agricoli. Questo gli permette di avere una grande conoscenza della geologia dell’Anglia orientale. Svolge svariati lavori e si forma da autodidatta imparando diverse lingue e studiando astronomia e archeologia. Proprio la sua conoscenza geologica, gli permette di essere assunto dall’Ipswich Museum e ricevere l’incarico di occuparsi dei tumuli della signora Edith.
Basil inizia gli scavi nel giugno del 1938. Scava i tumuli più piccoli (denominati in seguito Tumuli 2, 3 e 4) e trova qualcosa: i resti di un uomo cremato, un’ascia di ferro corrosa, frammenti di ceramica, il coperchio di una brocca mediterranea, un disco di bronzo dorato, coltelli di ferro e la punta di una lama di spada. Nel tumulo 2 rinviene dei pezzi di ferro che riconosce come rivetti delle navi. Ma siamo su una collina. Cosa ci fanno dei rivetti di una nave? Lì per lì non fanno caso a quest’ultimo ritrovamento.
Il bottino, seppur magro, non sorprende Basil. Del resto, lui stesso sa bene che quella zona è stata oggetto di razzie da parte dei ladri di tombe.
Tutti i reperti rinvenuti fino all’agosto 1938 vengono mostrati alla signora Edith che informa l’Ipswich Museum. Il museo decide di metterli in esposizione.
Un bottino magro, lo abbiamo detto. Ma la squadra di Basil ha scavato i tumuli più piccoli. C’è quel tumulo grande che intriga. Decidono di pianificare una seconda stagione di scavi che prenderà il via l’8 maggio del 1939.
Gli scavi riprendono e Brown si imbatte in una sezione di terra dura macchiata di ruggine e contenente chiodi a intervalli regolari. Procedendo con scrupolosa cura, Brown si rende conto di aver trovato l’impronta di una nave, lunga più di 80 piedi. Una nave funeraria per l’esattezza. Sebbene il legno fosse ormai stato deteriorato dal tempo, il suo ambiente spettrale e il ricco corredo funerario erano ancora intatti.
Gli archeologi e la signora Edith non credono ai propri occhi. Non sanno di essere di fronte ad una delle scoperte più emozionanti dell’archeologia britannica. Una scoperta in grado non solo di riaccendere l’interesse per il medioevo, ma soprattutto di offrire nuovi elementi circa l’Inghilterra anglosassone.
Al centro della nave trovano una camera funeraria in rovina piena di tesori: argenteria bizantina, sontuosi gioielli in oro, ma soprattutto un elmo in ferro e bronzo riccamente decorato, caratterizzato dalla presenza di una maschera facciale che doveva ricoprire il volto di chi lo portava. E’ di sicuro l’oggetto più importante. Non a caso se digitate Sutton Hoo su internet salta fuori proprio una foto dell’elmo.
Prima di Sutton Hoo erano state rinvenute altre navi funerarie, ma nessuna aveva queste dimensioni. Prima della scoperta di Brown, la nave più grande rinvenuta era una nave vichinga di oltre 23 m trovata in Norvegia nel 1880.
La scoperta non poteva passare inosservata e come capita spesso attirò l’attenzione di università e musei blasonati. La notizia del ritrovamento della nave spinse l’università di Cambridge e il British Museum ad interessarsi agli scavi. Per Brown non è una bella notizia. Lui, come sappiamo, è un autodidatta. Non avendo una laurea come potrebbe occuparsi della scoperta archeologica definita da alcuni la “Tutankhamon britannica”? Il povero Basil, dunque, viene estromesso dagli scavi e relegato ai lavori di base.
Per continuare i lavori di recupero viene creata una nuova squadra, capeggiata questa volta dall’archeologo esperto Charles Phillips. Il suo lavoro inizia il 10 luglio. Charles non ignora il grande lavoro svolto da Brown e gli chiede di assisterlo. E’ però una ragazza del nuovo team, Peggy Piggott, che il 21 luglio, appena due giorni dopo il suo arrivo, trova il primo pezzo d’oro. E’ solo il primo di una lunga serie. La squadra capeggiata da Charles trova oltre 250 oggetti. Ciotole per banchetti, gioielli, uno scettro, una spada, pietre originarie dell’Asia e monete francesi, che permettono di datare il tesoro. Si racconta che un curatore delle antichità medievali del British Museum non appena vide una fibbia d’oro incisa con serpenti e bestie intrecciate quasi svenne dall’emozione.
E’ proprio in seguito al ritrovamento di tanti oggetti in oro, che gli addetti ai lavori cominciano ad usare l’espressione “tesoro di Sutton Hoo”. Il tesoro fa gola a molti e gli oggetti ritrovati sono spediti al British Museum per iniziare i lavori di conservazione e studio. Nel frattempo, gli screzi tra la squadra degli archeologi, l’Ipswich Museum e il British Museum aumentano. A questo si aggiunge anche l’interesse della stampa che fino al 26 luglio non aveva dato notizia della scoperta. Ma c’è un evento ancora più importante a prendersi la scena. Siamo nell’estate del 1939 e di lì a breve il mondo cadrà nell’incubo della seconda guerra mondiale. Il 3 settembre il Regno Unito dichiara guerra alla Germania e su Sutton Hoo cala il sipario: lo scavo deve essere chiuso.
Nel frattempo, un processo ha finalmente assegnato alla signora Edith la legittima proprietà degli oggetti rinvenuti durante gli scavi. Edith, stupendo tutti, decide di donarli alla nazione e affidarli al British Museum che inaugurerà la prima esposizione pubblica all’inizio del 1940.
Per il tesoro di Sutton Hoo, rimasto sepolto per secoli, c’è in serbo un’altra sorpresa. I bombardamenti tedeschi sul suolo britannico obbligano i curatori a imballare i reperti e a nasconderli in luoghi sicuri. Il tesoro si ritrova così ad essere custodito nei tunnel della metropolitana. Resterà nascosto fino al 1946 quando, a guerra conclusa, il British Museum può finalmente tornare a mostrarlo al pubblico.
La fine della guerra ha permesso nuovi studi e scavi. In molti degli altri 18 tumuli di Sutton Hoo, i ricercatori hanno trovato ulteriori reperti. Negli anni ’90, un nobile guerriero in armatura completa è stato trovato sepolto accanto al suo cavallo. Poiché un terzo del sito di Sutton Hoo non è stato ancora esaminato, gli storici sperano di trovare nuovi elementi per far chiarezza sugli anni del crepuscolo dell’Inghilterra pagana.
Ecco allora spiegato cosa ci facessero quegli uomini su per la collina intenti a trascinare una nave e poi a seppellirla. Va bene, potremmo dire che questo mistero è risolto: si trattava di una nave funeraria. Forse non era neanche tanto difficile indovinarlo. Ma c’è ancora una cosa non chiara. Fin dal primo momento, una domanda assillò curiosi e studiosi: chi fu sepolto nella nave?
La nave e tutto il suo tesoro risalgono ai primi anni del VII d.C. Doveva trattarsi di una figura di spicco dell’Anglia orientale, il locale regno anglosassone. Sebbene non sia stato trovato alcun corpo, in molti pensano che la sepoltura appartenga a Rædwald, re dell’Anglia orientale, che morì nel 624 d.C. e il cui regno coincide con le date del tesoro di Sutton Hoo. Rædwald fu uno dei primi re dell’Anglia a convertirsi al Cristianesimo, e sebbene la nave contenga elementi pagani, gli accademici non lo vedono come un motivo per escluderlo. Visse in un’epoca in cui antiche usanze convivevano con nuove idee religiose, un periodo in cui la tradizione pagana del Nord Europa cominciava a cedere il posto al cristianesimo. La tradizione di seppellire i morti con i loro beni in vista del viaggio nell’aldilà stava ormai scomparendo. Dopo il VII secolo, proprio per il diffondersi del cristianesimo, nessuno veniva sepolto con i propri oggetti nella tomba.
Sutton Hoo non ha svelato tutti i suoi misteri. Gli archeologi hanno ipotizzato che il sito fosse stato scelto come terreno di sepoltura per i parenti del re. E’ stata rinvenuta, infatti, un’altra nave più piccola. Inoltre gli studiosi si interrogano sulla nave rinvenuta da Brown nel 1939. C’è in cantiere un progetto per realizzare una replica della nave e testarla in acqua. Si vuol capire se si trattasse di una nave da guerra o meno.
Il tesoro di Sutton Hoo ha rappresentato una pietra miliare nella storia dell’archeologia britannica e non solo. Ha permesso di saperne di più sulla società anglosassone del tempo già aperta agli scambi commerciali come dimostrato dagli oggetti rinvenuti e provenienti da terre remote dell’Asia.
Per molti studiosi, uno degli aspetti più emozionanti della sepoltura di Sutton Hoo è la sua somiglianza con quella raffigurata nel poema epico in inglese antico “Beowulf”. Per gli appassionati della saga de Il signore degli anelli di Tolkien questo nome non è nuovo. Il poema, anonimo, risale all’VIII d.C. e prende il nome dal suo personaggio principale, un eroe dotato di forza sovraumana che lotta con mostri e draghi. Proprio in questo poema c’è la descrizione della sepoltura di Shield Sheafson, un antenato della famiglia reale danese. Shield è sepolto in una barca circondato da tesori. Sebbene non vi sia quasi certamente alcun legame diretto tra gli eventi descritti nel Beowulf e la sepoltura, ad accomunarli c’è lo stesso mondo di tradizioni e idee. In entrambi i casi l’idea che la morte sia un viaggio nell’aldilà e che il defunto debba essere sepolto con oggetti del mondo terreno come armi, denaro e strumenti musicali. Possiamo solo immaginare l’effetto che ebbe questa scoperta sull’immaginario collettivo. Come se quei racconti immaginari fatti di stregoni, cavalieri e draghi, in fondo non fossero così inventati.
Torniamo ai personaggi della nostra storia. Cosa ne fu di Edith e del signor Brown? Edith morì a 57 anni in piena seconda guerra mondiale, nel 1942. In tempo, come detto, per donare il tesoro al British Museum. Il signor Brown, invece, continuò a collaborare con il museo di Ipswich avvicinando generazioni di ragazzi al mondo dell’archeologia. L’attribuzione della paternità del ritrovamento del tesoro a Basil Brown è ancora oggetto di discussione. Fu lui a scoprire per primo la nave, ma il suo nome sembra sia stato rimosso dalle targhe celebrative. Nell’esposizione pubblica del 1951, infatti, il suo nome non compare. Nel 1985, quando fu allestita l’esposizione permanente, il suo nome finalmente è lì.
E’ stato proprio quest’ultimo dettaglio a spingermi a ricercare e saperne di più su questa storia. Un uomo, Basil, che ha sbloccato l’orologio della storia, è stato inghiottito in qualche modo dall’oblio. Il suo nome è tornato alla luce anni dopo, un po’ come la nave scoperta da lui.
Recentemente l’interesse attorno al tesoro di Sutton Hoo si è riacceso grazie anche al film “The Dig”. Prodotto da Netflix ed uscito a gennaio del 2021, ricostruisce la storia dello scavo archeologico ed è basato sul romanzo omonimo scritto da John Preston e pubblicato nel 2007. In Italia il film si intitola “La nave sepolta”.
Siamo giunti al termine di quest’episodio, vi ringrazio per l’ascolto. Oltre al film e al libro è possibile ammirare il tesoro di Sutton Hoo custodito al British Museum di Londra. Sul sito del museo è disponibile un tour virtuale della stanza 41, la stanza che custodisce ad oggi il tesoro. Come sempre vi lascio in descrizione gli articoli consultati per quest’episodio. Se vi è piaciuta questa storia, vi invito a condividere il podcast, a lasciare un commento o una recensione. Iscrivetevi al canale per non perdere i nuovi episodi. In cerca di storie è sulle maggiori piattaforme di podcast nonché su Instagram e Twitter. Inoltre, sul sito incercadistorie.com trovate le trascrizioni di tutti gli episodi. Vi ringrazio per l’attenzione e vi do appuntamento al prossimo episodio. Ciao!
Gli articoli citati nel podcast
- “Why this famed Anglo-Saxon ship burial was likely the last of its kind”. Berin Blakemore. National Geographic
- “The ghostly treasure ship of Sutton Hoo”. Verónica Walker. National Geographic
- “La historia del fascinante descubrimiento del Tutankamón británico”. Neil Armstrong. BBC NEWS
- “Digging the dirt: The true story behind The Dig”. http://www.nationaltrust.org/uk