Ep. 9 / Aigues-Mortes: uccidete gli italiani

“Sono delinquenti, accoltellatori, portatori di malattie. Vengono nel nostro paese a rubarci il lavoro. È per colpa loro se i nostri stipendi sono sempre più bassi”. Alcune di queste parole suonano familiari. Spesso in tv, sui giornali, sui social, leggiamo o sentiamo commenti del genere nei confronti degli immigrati. Quando c’è una crisi economica e il paese deve fronteggiare alcune tensioni sociali, sembra quasi automatico puntare il dito contro gli immigrati. Come a voler difendere un orgoglio nazionale calpestato e abusato da chi non parla la nostra lingua, ha una cultura diversa e viene da un’altra nazione. Le parole che ho pronunciato all’inizio sono state dette veramente. Ma in quel caso gli immigrati erano proprio gli italiani. Perché questa è la tragica storia del massacro di Aigues-Mortes.

Benvenuti a tutti, sono Stefano Frau e questo è In cerca di Storie, il podcast che va alla ricerca di storie o personaggi dimenticati o poco conosciuti.

La storia che vi racconterò quest’oggi ha elementi tanto comuni al giorno d’oggi da sembrare accaduta ieri. Perché è una storia dove si intrecciano xenofobia, fake news e risentimento popolare.

Per raccontarla dobbiamo riportare indietro il tempo. Precisamente al 16 agosto 1893. E spostare la nostra lente sul sud della Francia, a Aigues-Mortes.

Aigues-Mortes alla fine del XIX secolo è un piccolo borgo rurale. Ha poco più di 2000 abitanti. Quasi tutti dediti alla pesca, al commercio e ai vigneti. Un numero che quasi raddoppia durante l’estate. La raccolta del sale, infatti, attira migliaia di immigrati. Il numero oscilla tra i 1000 e i 1800 operai che, tra luglio e settembre, si riversano in questo piccolo comune in cerca di lavoro. Ci sono una mezza dozzina di saline, il lavoro di battitura e lavaggio del sale richiede sempre manodopera.

Come ogni anno, anche in quell’agosto del 1893, gli immigrati arrivano a Aigues-Mortes. Gli stagionali italiani impiegati nella raccolta del sale sono circa 500 su un totale di circa 1200 lavoratori. Perlopiù provengono dalla Toscana e dal Piemonte. In quell’anno in tutta la Francia ci sono 300.000 italiani. Nel dipartimento del Gard nella regione dell’Occitania, dove si trova appunto Aigues-Mortes, in quella estate, risiedono 3080 italiani su un totale di 4600 stranieri.  E’ però un momento caldo, e non tanto perché siamo ad agosto ma perché il paese, la Francia, sta attraversando un periodo delicato.

La decrescita demografica e lo sviluppo industriale forzato non aiutano a sedare le tensioni sociali. Il piano di lavori pubblici per rimodernare i porti e costruire la rete ferroviaria ha aperto le porte alla manodopera straniera. I tentativi di arginare questo flusso, creando leggi ad hoc per tutelare i lavoratori francesi, non vanno a buon fine.

Il paese è un polveriera. Il malcontento per la sconfitta durante la guerra franco-prussiana è ancora vivo e il paese deve fare i conti con una forte crisi economica. In questo clima di disagio e crisi sociale, ci pensano i politici e i giornali dell’epoca a gettare benzina sul fuoco. Il nazionalismo, la strenua difesa del lavoro, l’identità nazionale, diventano temi quotidiani di discussione. “La questione degli stranieri”, così come viene definita dai giornali, è ormai un problema nazionale. Per indicare gli immigrati, i giornali utilizzano le parole “barbari” e “saraceni”. Nei confronti degli italiani poi gli appellativi si sprecano. Tra questi ricordiamo alcuni: zulu, boeri, crumiri, beduini e infine rital, un modo dispregiativo per indicare proprio gli italiani.

Se non bastasse, a rendere il tutto ancora più complicato ci pensano le relazioni difficili tra la Francia e il nostro paese. Nel 1882 l’allora regno d’Italia firma il patto della Triplice Alleanza con Germania e impero Austro-Ungarico. Un patto chiaramente antifrancese nato dopo il cosiddetto “Schiaffo di Tunisi” quando proprio la Francia occupò militarmente la Tunisia, obiettivo coloniale italiano e legato al Regno d’Italia da un accordo internazionale. Aggiungiamo anche i difficili rapporti commerciali tra le due nazioni e il conseguente protezionismo.

In questa polveriera, alimentata come detto dai giornali, gli scontri tra locali e immigrati sono sempre più frequenti. Tra il 1872 e il 1893 si registrano 82 episodi di violenza. Nella maggior parte dei casi, precisamente 61, ci sono degli italiani coinvolti. Negli altri belgi e tedeschi. I disordini coinvolgono quasi sempre professioni poco qualificate: come ad esempio operai portuali, vetrai, cavapietre. Un altro dato allarmante è che a volte gli scontri, come a Marsiglia nel 1881, sono causati da pretesti insignificanti. Nel caso di Marsiglia la caccia agli italiani dura tre giorni e causa la morte di tre persone e il ferimento di quindici.

Il 16 agosto 1893 è un giorno come un altro. Almeno così sembra. In città girano voci su possibili risse tra italiani e francesi. Un certo Giovanni Giordano, proveniente dalla provincia di Cuneo, durante un litigio con un francese ha utilizzato un forcone per minacciarlo. Quella lite sembra finire lì. Sembra, perché in realtà qualche ora dopo, un gruppo di vagabondi in cerca di lavoro raggiunge Aigues-Mortes e diffonde la notizia, falsa, dell’uccisione di tre francesi, per mano italiana, durante quella rissa

Le voci iniziano a circolare in modo impazzito. “Di bocca in bocca i morti francesi da tre diventarono cinque, dieci, venti e più, e si non contavano più i feriti – racconta il console Durando nella sua testimonianza – Da tutte le parti si corre schiamazzando: “via gli affamati; morte agli italiani; ammazziamoli tutti; viva l’anarchia; vogliamo il sangue”.

Grazie alle testimonianze del tempo si è in grado di ricostruire quella tragica giornata. Dopo le 15 una ottantina di italiani che si trova in piazza per ricevere le paghe è assalita dalla folla inferocita. Trenta italiani trovano rifugio nelle vigne. Altri in case private. Un gruppo cerca riparo in una panetteria. Per fortuna il proprietario del locale è in grado di bloccare porte e finestre e fermare l’assedio della folla. Circondati da circa trecento persone, gli italiani vengono nascosti nella soffitta. Da lì possono sentire le urla che vengono dalla piazza. La folla li vuole morti e c’è qualcuno che grida dicendo di volerne bere perfino il sangue. Dalle finestre della soffitta assistono ad uno spettacolo inquietante. Due italiani che si sono nascosti in una casa privata vengono scoperti. I due provano a scappare ma una volta in piazza la folla li finisce a colpi di bottiglie e bastoni.

Solo a mezzanotte arrivano i gendarmi a cavallo per disperdere la folla. Il prefetto ordina di condurre gli italiani nascosti nella panetteria alla stazione di Nimes. Il trasporto però non è facile. Ci vogliono tre viaggi e l’intervento dei gendarmi per trasportare 35 italiani alla stazione. Per i rimanenti 15 non c’è modo di portarli fuori. La folla è tornata ad ammassarsi attorno all’edificio. Nel frattempo un gruppo di 100 italiani presenti nelle saline viene licenziato ed invitato dai gendarmi a lasciare la città e marciare verso la stazione. Un progetto che salta visto che un manipolo di francesi di ritorno proprio dalla stazione incrocia gli italiani e innesca un secondo scontro. 40 connazionali feriti trovano rifugio nella torre di Costanza. La situazione è tutt’altro che calma. Le bande armate circolano indisturbate in città in cerca di italiani. Solo verso le 17 la situazione torna sotto controllo grazie all’arrivo di 250 soldati.

L’arrivo dei tanto attesi rinforzi permette l’evacuazione ed espulsione degli italiani dalla panetteria e dalla torre di Costanza. Di questi 17 uomini non possono essere trasportati perché feriti gravemente e vengono ricoverati nell’ospizio cittadino.

Il bilancio finale è spaventoso. Il numero di morti e feriti cambia a seconda delle fonti. I morti accertati sono 10 anche se per alcuni potrebbero salire a 17 considerando i dispersi. Per il Times il bilancio finale è di 50 morti e 150 feriti. C’è poi la cifra spropositata della Treccani che parla di “400 vittime buttate nel Rodano”. Ma questa, per fortuna, è una notizia infondata.

I feriti oscillano tra i 50 e i 150. Qualcuno sostiene addirittura 400. Come detto ci sono anche dei dispersi, come nel caso di Secondo Torchio di cui non si sa più nulla. Per quanto riguarda i morti, se consideriamo le dieci vittime senza includere i dispersi, nove di essi hanno un nome e un cognome, tranne il decimo rimasto senza identità. Non un’anomalia poiché spesso gli operai sono assunti dai caporali ed identificati solo con un numero.

Al danno si aggiunge la beffa. Perché per i fatti di Aigues-Mortes viene imbastito un processo farsa. In modo frettoloso e alquanto approssimativo, vengono individuati 17 colpevoli. Tra questi c’è anche Giovanni Giordano, colui che aveva scatenato la rissa utilizzata da alcuni come pretesto per il massacro. La tesi cardine del processo è che i francesi erano stati attaccati per primi. Non era vero ma per la giuria era sufficiente. In fondo un tribunale locale difficilmente avrebbe accusato e condannato i propri connazionali, come sostenuto anche dal New York Times. E’ così che il 30 dicembre tutti gli imputati vengono assolti. Viene pattuito un risarcimento di 420.000 franchi all’Italia. La sentenza, come possiamo ben immaginare, suscitò reazioni opposte.

La stampa internazionale sottolineò la gravità di quella sentenza. Come se fosse normale per i francesi ammazzare degli italiani. In Italia Francesco Crispi dapprima cavalcò l’onda nazionalista all’indomani del massacro ma, una volta al governo al posto di Giolitti, si mostrò accondiscendente. In diverse città italiane si registrarono scontri e proteste. Come a Roma dove l’ambasciata francese fu attaccata dalla folla; oppure Genova dove tra il 20 e il 22 agosto i dimostranti bruciarono numerosi tram e omnibus di una società francese. A Napoli, invece, gli scontri tra polizia e manifestanti provocarono tre morti.

Il massacro è stato oggetto di diverse interpretazioni. Per alcuni si tratta semplicemente di una guerra tra poveri, l’effetto di quella campagna d’odio che aveva offuscato le menti dei lavoratori locali spingendoli a credere che gli italiani fossero una vera minaccia non solo per il lavoro ma per il paese in generale. Altri, invece, avanzano l’ipotesi che si tratti di un evento orchestrato ad arte per dimostrare l’odio politico nutrito dalla Francia nei confronti dell’Italia e il risultato dello scarso prestigio internazionale dell’Italia. L’evento, e non c’è da meravigliarsi, fu strumentalizzato anche dalle altre nazioni. In primis la Germania che cavalcò quanto accaduto in ottica antifrancese. C’è poi chi vede in questo massacro le conseguenze di un capitalismo sfrenato. Un evento che i socialisti studiano e interpretano per spingere le masse dei lavoratori ad avere una maggiore consapevolezza dei propri mezzi e delle condizioni di lavoro.

La teoria del massacro premeditato riecheggia anche nelle dichiarazioni del console Durando. Diversi elementi concorrono a sostenere la tesi che il tutto fu organizzato ad arte. Tra questi, per esempio, l’annuncio dei primi scontri alle saline e l’ordine ai gendarmi di spostarsi lì lasciando incustodita la città. C’è poi un ritardo spaventoso nell’arrivo dei rinforzi. In città c’erano dei poliziotti ma non erano abbastanza per arginare la folla inferocita. Anche la decisione di attaccare gli italiani in piazza non è stata casuale. Lontani dalle saline, gli italiani non avevano con sé nemmeno i propri strumenti di lavoro. Senza gendarmi e possibilità di difendersi, divennero una facile preda.

Diversi studiosi hanno poi smontato la teoria che la scintilla scatenante di questo, ma anche di altri scontri che si registrarono in Francia, fu la tendenza degli italiani ad accettare salari più bassi a discapito dei lavoratori francesi. I salari in realtà erano uguali, anzi, proprio gli italiani si erano resi protagonisti di diversi scioperi e manifestazioni per ottenere salari più alti. Gli immigrati, dunque gli italiani in Francia, in realtà, come capita ancora oggi, svolgevano i lavori più duri e spesso meno qualificati. Optavano per il lavoro a cottimo per ottenere più guadagni possibili. Si creò una sorta di concorrenza indiretta tra i lavoratori.

C’è da dire che non tutti i francesi, per fortuna, si schierarono contro gli italiani. In quei momenti concitati alcuni abitanti del luogo si distinsero in atti eroici. Come il parroco “che difese con grande coraggio gli italiani, affermando che un prete non può fare distinzioni di lingua o nazionalità”. Oppure la signora Gouley che morì nel tentativo di proteggere un italiano. Diversi poi gli anonimi che diedero riparo ai nostri connazionali nelle loro case o attività.

Se ho deciso di raccontare la storia di questo pogrom nei confronti degli italiani è soprattutto perché si tratta di una strage dimenticata. O meglio dire insabbiata. Non è un evento che si trova spesso nei libri di storia. Ad Aigues-Mortes, il teatro di quel tragico evento, la gente raramente parla di quanto accaduto. C’è poi l’aneddoto raccontato dallo storico Enzo Barnabà ed autore del libro Morte agli italiani! Il massacro di Aigues-Mortes 1893”. Barnabà in un’intervista al Manifesto racconta che quando uscì l’edizione francese del suo libro, si fece di tutto pur di non metterlo in vendita nei negozi cittadini per non turbare i turisti (molti dei quali italiani) che percorrevano le strade di quell’eccidio.

Un tentativo debole per riportare alla memoria il massacro è stato l’affissione di una piccola targa sul municipio di Aigues-Mortes il 17 agosto 2018. 125 anni per affiggere una piccola targa e non dimenticare quanto accaduto.

Dopo aver analizzato il massacro e cosa accadde prima, viene spontaneo chiedersi se quell’evento cambiò almeno i rapporti tra italiani e francesi. Nonostante i morti e l’eco internazionale la situazione non migliorò.

Il 24 giugno 1894, circa un anno dopo gli eventi di Aigues-Mortes, gli scontri tra italiani e francesi, soprattutto nel sud della Francia si fanno sempre più frequenti. Ad esasperare la situazione, come se non fosse già difficile, l’uccisione del presidente della Repubblica francese Sadi Carnot per mano dell’anarchico italiano Sante Caserio. La reazione locale è brutale. A Lione ad esempio vengono dati alle fiamme i locali e le botteghe degli italiani. Ad Aigue-Mortes, viene recapitata una lettera anonima al sindaco che contiene minacce ed avvertimenti. Nessun italiano, c’è scritto nella lettera, può mettere piede in città. L’immediata conseguenza di questo clima d’odio è il licenziamento in massa degli operai italiani. Il governo non è in grado di tutelare la loro incolumità e la loro sola presenza potrebbe causare ulteriori scontri e massacri. Gli scontri proseguiranno fino alla prima decade del Novecento.

Siamo giunti al termine di quest’episodio, vi ringrazio per l’ascolto. Se volete approfondire la vicenda vi lascio come sempre in descrizione le fonti consultate. Vi consiglio anche di cercare online l’illustrazione de La Tribuna illustrata di domenica 3 settembre 1893. La copertina è dedicata proprio al massacro di Aigues-Mortes. Se vi è piaciuta questa storia, vi invito a condividere il podcast, a lasciare un commento o una recensione. Iscrivetevi al canale per non perdere i nuovi episodi. In cerca di storie è sulle maggiori piattaforme di podcast nonché su Instagram e Twitter. Inoltre, sul sito incercadistorie.com trovate le trascrizioni di tutti gli episodi. Vi ringrazio per l’attenzione e vi do appuntamento al prossimo episodio. Ciao!

Libri e articoli per questo podcast

  • “Agosto 1893, il massacro di Aigues-Mortes” di Dimichele Quirici – La Nazione
  • “Aigues-Mortes, una strage razzista” di Mauro Ravarino – il Manifesto
  • “Morte agli italiani! Il massacro di Aigues-Mortes 1893” di Enzo Barnabà – Infinito edizioni
  • Il pogrom di Aigues-Mortes. Il massacro degli italiani di Andrea Ferreri – Conoscere la Storia
  • Sanna, Giuseppina. “Gli Immigrati Italiani in Francia Alla Fine Dell’Ottocento E Il Massacro Di Aigues Mortes.” Studi Storici 47, no. 1 (2006): 185-218. http://www.jstor.org/stable/20567342.

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