Tra una birra e l’altra, in quel di Southampton, Arthur racconta delle sue avventure nei mari. Tutte le sue storie hanno degli elementi in comune: una nave, un evento tragico e la sua enorme fortuna. Sì, Arthur è decisamente fortunato. In ben sei occasioni ha dato buca all’appuntamento con la morte. Quando le cose si mettono male, lui ne esce sempre sano e salvo. Ed è proprio questa sua particolarità a farlo passare alla storia come “il fuochista inaffondabile”.
Il 15 aprile si è celebrato un anniversario particolare: sono passati, infatti, 110 anni dall’affondamento del Titanic. Tra tutte le storie dei sopravvissuti quella che mi ha colpito di più è stata quella di Arthur John Priest.
Nasce a Southampton, in Inghilterra, il 31 agosto 1887. La sua famiglia è povera e i coniugi Priest devono tirar su ben dodici figli. Le difficili condizioni economiche lo spingono fin dalla tenera età a cercare un lavoro. A 24 anni, nel 1911, trova impiego come fuochista su un transatlantico. Si tratta della RMS Olympic, la nave gemella del RMS Titanic. La Olympic è un transatlantico all’avanguardia per quei tempi. Nelle sue viscere Arthur e i suoi compagni spalano ogni giorno tonnellate di carbone.
Il 20 settembre 1911, poco dopo la partenza, la Olympic viene speronata dal vecchio incrociatore HMS Hawke della Royal Navy nelle acque del Solent causando uno squarcio nella poppa. Un incidente che costa caro dove perdono la vita circa 600 persone. I fuochisti, trovandosi nelle zone sottostanti, erano spesso quelli più in pericolo in simili circostanze. Restare intrappolati e morire annegati era molto frequente. Ma Arthur è fortunato e riesce a salvarsi.
Seppur tragico questo incidente non lo scoraggia. Un anno dopo riesce a farsi assumere per il viaggio inaugurale del Titanic. Sappiamo già cosa accadde. Nella notte tra il 14 e il 15 aprile 1912 morirono 1500 persone. La fortuna non abbandona Arthur. Nonostante le difficoltà nel salire sul ponte riesce a gettarsi in acqua e a raggiungere a nuoto, nelle acque gelide, con indosso solo la biancheria intima, la scialuppa di salvataggio numero 15. Incredibile. La maggior parte delle persone che provò a scappare dalla nave che affondava morì proprio di ipotermia.
Siamo a due disastri scampati. Anzi tre se consideriamo il piccolo incidente a bordo della Asturias nel 1908 quando il transatlantico si scontrò con un’altra imbarcazione nel suo viaggio inaugurale, ma per fortuna nessuno perse la vita.
Arthur è fortunato e tutte quelle avventure sui transatlantici lo rendono uno dei fuochisti più esperti a quel tempo. Per lui trovare lavoro su una nave non è difficile. Quattro anni dopo il Titanic, in piena prima guerra mondiale, viene arruolato sull’incrociatore mercantile armato HMS Alcantara. La guerra navale portata avanti dalla Germania non risparmia nessuno. Basti pensare all’affondamento del transatlantico RMS Lusitania il 7 maggio 1915 ad opera di un sottomarino tedesco dove perdono la vita 1152 persone. L’Alcantara il 29 febbraio 1916 si trova al largo delle Shetland quando si scontra con l’incursore mercantile tedesco Greif, camuffato per l’occasione da mercantile norvegese. La feroce battaglia vede entrambe le navi colare a picco per i danni subiti. Muoiono 70 compagni di Arthur. Lui, ancora una volta, a nuoto nelle acque gelide, riesce a scampare alla morte.
La guerra non è ancora terminata ed Arthur ritorna a bordo di una nave. Dopo la Olympic e il Titanic, sceglie l’ultima nave gemella: la HMHS Britannic. Un transatlantico più grande del Titanic convertito in nave ospedale per trasportare i feriti. Non vi meraviglierete nel sapere che il 21 novembre 1916, nelle acque del mar Egeo, la Britannic affonda. Non si sa bene se per colpa di un siluro o di una mina, ma arriva la fine anche per l’ultima delle tre sorelle. Anche se si tratta della più grande nave persa durante la prima guerra mondiale, la concomitanza di diversi fattori ridusse considerevolmente il numero dei decessi. La temperatura dell’acqua, la presenza di diverse scialuppe di salvataggio e l’assenza di nemici nelle vicinanze, limitò il numero di morti a una trentina. Arthur ovviamente non era tra quelli.
Il 17 aprile del 1917 si trova su un’altra nave ospedale, il SS Donegal, che trasporta le truppe ferite dalla Francia. Nel Canale della Manica viene silurata da un U-Boot tedesco. 40 persone muoiono. Arthur riporta solo una ferita alla testa. Forse spaventato dal trauma o temendo che la sua dose di fortuna fosse finita decide di non mettere più piede su una nave. Morirà nel suo letto a Southampton nel 1937 di polmonite. I giornali dell’epoca lo avevano sopranominato “Il fuochista inaffondabile”. È sorprendente scoprire come ogni volta si trovasse sempre nella parte più danneggiata o pericolosa delle navi ma fu sempre in grado di scappare e sopravvivere. Iceberg, siluri, mine, incidenti, Arthur ne uscì sempre indenne.
Le sue ossa riposano nel cimitero di Hollybrook a Southampton. Una sepoltura anonima che stride molto con la sua storia. Una storia di coraggio e fortuna. La storia del “fuochista inaffondabile” sopravvissuto a sei disastri navali.