Ep. 19 / Anna Coleman Ladd: l’artista che ridiede un volto ai soldati

L’arte al servizio della comunità. Non è solo uno slogan, perché Anna deciso di usare davvero le sue abilità artistiche per aiutare quegli uomini sfigurati che tornavano dal fronte. Questa è la storia di Anna Coleman Ladd, la scultrice che ridiede un volto ai soldati.

Benvenuti a tutti, sono Stefano Frau e questo è In cerca di Storie, il podcast che va alla ricerca di storie o personaggi dimenticati o poco conosciuti.

Ci sono mille modi per aiutare il prossimo. Uno di questi è offrire le proprie abilità. È quello che ha pensato anche la protagonista della nostra storia.

Anna Coleman Ladd nasce a Bryn Mawr, una piccola cittadina negli Stati Uniti d’America, nel 1878. Ha l’arte nel sangue e si sposta in Europa, a Parigi e Roma per la precisione, per studiare scultura. Una volta rientrata negli Stati Uniti si trasferisce a Boston dove continua i suoi studi e nel frattempo realizza alcune delle sue opere d’arte. Ritratti, busti, ninfe, diventa abbastanza nota nel campo artistico. Ma è nel 1905 che fa l’incontro che cambierà la sua vita. Si sposa con il dottor Maynard Ladd. Maynard è un medico di Boston è allo scoppio della prima guerra mondiale viene incaricato di dirigere l’ufficio della Croce Rossa americana a Toul, in Francia. È così che nel 1917 Anna si ritrova nuovamente in Francia. Questa volta non per studiare, ma per mettersi all’opera e sfruttare il suo talento di scultrice.

Decide di seguire le orme di Francis Derwent Wood, uno scultore britannico che aveva aperto nel 1916, a Londra, il “Dipartimento di Maschere per visi sfigurati”. Di cosa si trattava?

Durante il primo conflitto mondiale, tra colpi di artiglieria, esplosioni e schegge, i soldati tornavano spesso dal fronte in condizioni gravissime. I mutilati e gli sfigurati erano all’ordine del giorno. Si stima che in un solo giorno, durante la battaglia della Somme, furono circa 2000 i soldati sfigurati. Negli ospedali da campo emergevano tutti i limiti della chirurgia del tempo. Perché l’obiettivo era salvare vite, l’aspetto estetico passava in secondo piano.

Per questi soldati, resi ormai irriconoscibili, cominciava un secondo calvario. Reinserirsi nella società non era facile. Ai traumi psicologici sofferti sul campo di battaglia, si sommavano quelli causati dai danni fisici. “Quando il lavoro del chirurgo è completato, incomincia il mio. Mi sforzo, grazie alla mia abilità di scultore, di rendere il volto di un uomo il più simile possibile a come appariva prima che fosse ferito” dirà Wood spiegando il perché del suo Dipartimento. Prendendo spunto dalle foto dei soldati prima della guerra, crea maschere metalliche su misura che riproducono il volto del soldato. Le maschere, queste protesi create da Wood, nascondono i volti deturpati aiutando sul piano psicologico il paziente. I soldati si sentono più sicuri, sono in grado di guardarsi un’altra volta allo specchio senza cadere nello sconforto. La loro presenza non è più fonte di malinconia o tristezza.

A detta dei soldati, un volto sfigurato era la peggior cosa che potesse capitare. Non a caso negli ospedali, specialmente nei reparti che accoglievano pazienti con il volto deturpato, non vi erano specchi. Le maschere di Wood li aiutavano a evitare quello che chiamavano “Effetto Medusa”. Chi guardava per la prima volta i loro volti sfigurati rimaneva spesso impietrito a fissarli.

Quanto fatto da Wood convince Anna Coleman Ladd a fare lo stesso dall’altra parte della manica. Apre a Parigi lo “Studio per le maschere-ritratto”. Si tratta di un’operazione studiata fin nei minimi dettagli. Il primo elemento è l’aspetto psicologico. Situato nel quartiere latino di Parigi, lo Studio è ampio e luminoso. Alle pareti bandiere e manifesti. Le stanze sono piene di fiori. Lo Studio, infatti, non deve intimorire ma accogliere questi poveri reduci dal fronte. Il secondo elemento è ricreare nel modo più fedele possibile i volti dei soldati.

La prima fase prevede la realizzazione di un calco in gesso del viso. Una volta ottenuto, la Ladd insieme ai suoi aiutanti, può passare alla seconda fase: la creazione della maschera.

Questa era realizzata in rame zincato, era spessa come un biglietto da visita e poteva pesare tra i 100 e 250 grammi a seconda della porzione di viso che doveva coprire. Spesso sostenuta dagli occhiali, veniva modellata sul volto del soldato. Se infatti occorreva ricostruire un occhio ad esempio, la Ladd con perizia e scalpello, ricreava un occhio aperto che fosse il più possibile simile a quello intatto. Una sfida sul piano artistico era rappresentata dai colori. Compito dell’artista era anche ricreare un colore simile a quello della pelle. Un colore che non si notasse molto durante una giornata soleggiata o nuvolosa. Inizialmente la Ladd utilizza colori ad olio, ma l’effetto e la resa non convincono. Ecco allora che opta per uno smalto lavabile con un color carne. Per dare un effetto ancora più realistico, dettagli come sopracciglia, ciglia e baffi vengono fatti con capelli veri. Per realizzare una maschera occorreva all’incirca un mese.

Il risultato finale è straordinario. Per fortuna ci sono ancora foto di questi soldati e dei loro volti prima e dopo. Le foto sono spesso in bianco e nero, dunque ci risulta difficile apprezzare l’aspetto cromatico, ma restiamo a bocca aperta nel vedere come il viso di un uomo ormai irriconoscibile fosse tornato alla normalità grazie all’abilità di quest’artista.

Come nel caso di Wood, anche le maschere della Ladd ebbero un impatto notevole sul piano psicologico dei pazienti. Spesso i soldati le inviavano delle lettere per ringraziarla. In una di queste, un soldato scrive: “Grazie. Finalmente avrò una casa. La donna che amo diventerà mia moglie”. C’è anche una foto di un gruppo di soldati che festeggia il Natale del 1918 nello studio di Parigi.

Purtroppo dei soldati che utilizzarono queste protesi non si hanno molte notizie. Alla fine del 1919, lo Studio della Ladd avrebbe prodotto oltre 180 maschere. Un grande risultato, seppur esiguo confrontato con i bilanci della guerra. Secondo una stima della stessa Ladd, tra i soldati americani circa trecento uomini avrebbero avuto bisogno di queste protesi.

Poche maschere sono sopravvissute. Probabilmente furono sepolte insieme ai soldati. La durata media di una maschera oscillava tra uno e due anni, a seconda dell’utilizzo. La Ladd, in uno dei suoi diari, racconta di aver rincontrato uno dei suoi primi pazienti che ancora indossava la maschera originale nonostante fosse ormai distrutta ed orribile alla vista.

Nel 1920, lo studio di Parigi inizia ad essere smantellato. Il governo francese avvia programmi ad-hoc per assistere i reduci. Il dipartimento di Wood era stato sciolto un anno prima. Una volta firmato l’armistizio, Anna Coleman Ladd ritorna negli Stati Uniti d’America. Qui continua ad occuparsi di arte raccontando nelle innumerevoli interviste del suo Studio parigino. Nel 1932, sette anni prima della sua morte, sarà nominata Cavaliere della Legion d’Onore francese.

“Guarda sempre un uomo dritto in faccia. Ricorda che sta guardando la tua faccia per vedere come reagirai”. Queste sono le parole di una suora pronunciate alle sue infermiere in un ospedale da campo durante la prima guerra mondiale.

Siamo giunti al termine della nostra storia. Vi ringrazio per l’ascolto. Come sempre, sul sito http://www.incercadistorie.com, oltre alla trascrizione dell’episodio, vi lascio le fonti consultate dove potete trovare anche le foto di alcuni soldati. Vi lascio il link di un video dove si può ammirare la Ladd insieme ai suoi aiutanti intenti a creare le maschere. Se poi vi trovate a passeggiare per Boston, nel giardino pubblico, potete vedere una delle sue sculture. Si tratta della fontana dei Triton Babies.  

Se vi è piaciuta questa storia, vi invito a condividere il podcast, a lasciare un commento o una recensione. Iscrivetevi al canale per non perdere i nuovi episodi. In cerca di storie è sulle maggiori piattaforme di podcast. Vi ricordo di seguire la pagina su Instagram.    

A proposito di social, un ringraziamento agli iscritti su YouTube e sul profilo Instagram. Vi ringrazio per l’attenzione e vi do appuntamento al prossimo episodio. Ciao!

Fonti per questo episodio

– “Faces of War” di Caroline Alexander – Smithsonian Magazine

– “Anna Coleman Ladd: art helping veterans” di Diana Seave Greenwald – Gardner Museum

– “Anna Coleman Ladd” – The Smithsonian Institution

– VIDEO Anna Coleman Ladd’s Studio for Portrait Masks in Paris

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